
Com’era dispiaciuto, il mio Gran Maestro, l’altro giorno a Milano. Sorrideva a disagio, quasi volesse scusarsi, mentre m’allungava il referto della biopsia cutanea e pronunciava: «Annalisa, purtroppo male: l’istologico è positivo». Io, non ricordo, credo di aver chinato testa e sguardo, non verso le carte, ma verso un niente che mi attirava giù, in basso.
Allora, mi dice, non è operabile. Dal seno, dove il Granchio se ne stava violento e confinato, ora ha raggiunto la pelle e dalla pelle adesso può camminare avanti e indietro dove vuole, in altri organi. Quali, nessuno potrebbe dirlo. Quando, nemmeno. Per questo dobbiamo fare subito nuove chemioterapie, carboplatino forse, magari insieme all’immunoterapia. L’immunoterapia insegnerà al corpo come difendersi. Se il corpo saprà imparare.
Gran Maestro, dico, perché queste nuove terapie dovrebbero essere più efficaci di quelle che ho già fatto? Non lo sappiamo se lo saranno, risponde lui, ma dobbiamo provare (dobbiamo chi: lei e io, una vena ciascuno? Lei e i suoi colleghi al cospetto della scienza? Chi deve?).
Cosa non ha funzionato?
Cosa non ha funzionato, chiedo, dei quattro cicli di EC in regime “dose-dense”, dei dodici cicli di taxolo settimanale, dell’intervento di mastectomia, dei quindici cicli di radioterapia e dei sei cicli di capecitabina di mantenimento?
Tutto ha funzionato, dice il Gran Maestro, ogni cosa ha fatto quello che doveva fare, e cioè arrestare la crescita di un tumore che era bello grosso. Questo è una recidiva, una cosa nuova, non predittibile. Ma come non predittibile? E allora quel test genetico germinale risultato “non informativo” e perciò trattato come negativo? Cosa ce ne facciamo, mi dica, della genetica? Di BRCA1, BRCA2, PALB2, CHECK2, RAD50, RAD51C e compagnia bella, di tutto il venerando pannello multigenico?
Il Gran Maestro alza le spalle, allarga le braccia, stringe la bocca. Niente. Quante volte lo farà durante la sua settimana di lavoro? Di fronte all’evidenza di quante donne smammellate si arrende?
D’altra parte, nessuno mi aveva mai detto che non mi sarei ammalata più.
Anzi. Mi era stato detto: sei «tecnicamente guarita», ma stiamo accorti, questo è un triplo negativo, si ripresenta entro i primi tre anni. Non ne è passato nemmeno uno. L’ultima capecitabina l’ho ingoiata il 17 maggio 2024, avevo quel prurito alle mani e ai piedi. Siamo stati abbastanza accorti?
Ma che importa il passato – chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato, – scordiamoci il passato e stiamo più accorti adesso.
«Gran Maestro, voglio essere sicura di aver capito bene: stavolta rischio di rimanerci secca?»
Formulo la domanda esattamente in questo modo: rischio di rimanerci secca? Lui mi guarda dritto negli occhi e in viso gli montano un coraggio e una calma ammirevoli quando risponde: «Se non lo curiamo bene, sì».
E se invece non lo curiamo per niente? Se lasciassimo perdere? Ho un po’ di stanchezza, Gran Maestro.
Se lasciamo perdere, dice lui mentre cerca il codice dell’impegnativa per l’esame del PDL1, il tumore arriverà ad altri organi e lei, Annalisa, se ne accorgerà e starà male, molto, e le terapie allora serviranno a poco. Adesso sta bene, è ancora forte e in salute, è adesso che bisogna curarsi, subito. Poi si può valutare tutto strada facendo. Capisce?
Capisco che è tempo di tornare al quarto piano.
Ieri sono tornata in reparto, vicino casa, nello studio della mia oncologa. Ricominceremo a vederci con regolarità dal 10 marzo. Torno alla routine settimanale del paziente oncologico in trattamento: emocromo, terapia, monitoraggio e antiemetico, emocromo, terapia, monitoraggio e antiemetico, avanti così. La mattina del 10 marzo farò il primo ciclo di chemio, se mi sento bene al pomeriggio vado in ufficio al mio turno di lavoro part time.
«Pronto è il tutto? Miei cari, sedete»
Lo dice Violetta ai suoi ospiti nella seconda scena del primo atto della Traviata, sul principio di una delle grandi feste nel suo salotto: miei cari, sedete. È una padrona di casa molto assertiva quando lo dice, regale, gentile ma ferma (non posso farci nulla, certi libretti d’opera mi vengono in mente anche quando non c’entrano niente con quello che sto dicendo. Ma poi, in questo caso, la Traviata qualcosa c’entra, perché si sa che fine fa quella tisica di Violetta).
Sono molto pratica e concreta in questi giorni, in uno stato di calma preoccupante e probabilmente irragionevole per i miei cari: non ho voglia di parlare di come mi sento, ma mi interesso e mi occupo con efficienza di cose di cui nessuno vuole sapere.
Guardo documentari e video divulgativi che spiegano come misteriosamente nasce un tumore maligno e cosa succede nel corpo. Esprimo certi desideri con gli amici più stretti: che facciano ciò che chiedo, quando sarà il momento. Ho tagliato un po’ i capelli, ma poco, l’oncologa dice che stavolta, con il carboplatino, non dovrei perderli di nuovo, vediamo.
Ho preso appuntamento con mio zio avvocato che mi aiuterà a redigere il testamento biologico; ne ho già nominato mio fratello come fiduciario (ha detto sì, Lisa, certo che lo faccio. Me lo immagino, mio fratello, mascella serrata e sguardo ingrugnato, a difendere il mio rifiuto della respirazione artificiale mentre nostra madre, inconsolabile donna del sud, s’incatena all’ingresso dell’ospedale per manifestare il suo dissenso in proposito. Papà non so, nella scena lo vedo tacere e guardare lontano). Ho scaricato dal sito del mio comune la Delibera del Consiglio in materia di polizia mortuaria, l’ho studiata e sottolineata: nel mio comune è consentita la dispersione delle ceneri in mare (delibera n° 18 del 20 maggio 2013, Appendice al Regolamento, Artt. 3-5).
Ho iniziato a predisporre ciò che si può predisporre per sollevare chi resta dal peso delle incombenze: burocrazia da sbrigare, decisioni da prendere, orpelli da smaltire. Miei cari, sedete.
Tutta questa imperturbabile operosità sgombra di sentimenti, solo scartoffie e pratiche da completare, mi fa bene. Mi piace occuparmi personalmente delle cose che mi riguardano, sistemare le sistemabili. Ne mancano ancora tante, ma è un buon inizio.
Nel frattempo, voglio andare al cinema, al ristorante, a teatro, a vedere alcune mostre a Roma in primavera, progettare il viaggio a Parigi, voglio finire di leggere tre libri sul comodino, farmi il semipermanente alle unghie anche se l’oncologa è contraria all’uso del fornetto durante le chemioterapie, voglio bestemmiare alla ricerca di un parcheggio in centro a San Benedetto del Tronto per andare a lavoro e, sì, prendere la multa perché alla fine abbandono la macchina sulle strisce pedonali e vaffanculo.
Miei cari, sedete
Al minuto 1:49
[Credits. l'immagine in copertina è una foto dalla Traviata del 2016 Teatro Lirico di Cagliari. Fonte: rivistadonna.com]